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Lo smart working visto dalle imprese

9 Dicembre 2022

Una nuova organizzazione del lavoro che presenta rischi e opportunità per aziende e lavoratori

Lo smart working dopo la pandemia è diventato un fenomeno strutturale nelle imprese industriali. La prospettiva è che una azienda su cinque lo mantenga anche in futuro. La nuova organizzazione del lavoro comporta la necessità di apportare cambiamenti nell’approccio alle risorse umane. E contempla rischi e opportunità nel rapporto tra lavoratore e impresa. A evidenziare il radicamento dello smart working nelle imprese industriali è un’indagine effettuata dal Centro studi di Confindustria nazionale su un campione di 3.178 associate. A loro, nel corso del 2022, è stato chiesto di spiegare come è cambiata al loro interno la diffusione dello smart working nella fase pre-Covid dal 2017, durante il picco della pandemia (2020-2021) e nella fase successiva con una previsione sul futuro. E infine quali cambiamenti sono necessari per rendere di successo lo smart working strutturale. Un tema che durante la pandemia è stato affrontato anche dai Giovani Imprenditori.

Il Covid porta in eredità un raddoppio del lavoro agile

Il primo dato quantitativo sullo Smart working che emerge è un raddoppio della sua diffusione a seguito delle esigenze dettate dalla pandemia. La quota di aziende con pratiche di lavoro agile prima della pandemia, secondo le risposte del campione, era pari a circa una su dieci (11,1%). Una quota quasi quadruplicata con la pandemia, tanto che nel primo trimestre 2022 lo utilizzava ancora oltre un terzo delle imprese (37,6%, con un 27,7% in regime semplificato «emergenziale» e un 9,9% in regime strutturale). Per il post-pandemia si stima che la diffusione rimarrà doppia rispetto al pre-pandemia pari al 20,3%, sommando le imprese che avevano in programma di introdurlo entro 2 anni (10,4%) a quelle che lo avevano già introdotto.

Decisivi il tipo di mansione e l’accesso alla connessione

Lo smart working non è per tutti i lavoratori. L’accesso è riconducibile prevalentemente alla compatibilità della mansione (nell’84,2% delle risposte). Ma anche alle adeguate condizioni di accesso alla connessione (62%) e all’appartenenza a specifiche aree aziendali (53%). Circa due aziende su cinque poi stipulano accordi individuali col lavoratore, il restante 60% circa si affida a regolamenti aziendali. La frequenza dello Smart working? Quasi un lavoratore su tre nelle imprese che hanno adottato o adotteranno in via strutturale lo smart working, lavora in modalità agile almeno 3 giorni a settimana, l’8,8% al massimo per un solo giorno a settimana.

 

Opportunità e rischi del lavoro agile secondo le imprese

Tra i vantaggi le imprese del campione indicano ai primi tre posti la conciliazione tempi di vita e lavoro (nel 55% dei casi), la responsabilizzazione e orientamento al risultato dei collaboratori (15,1%) e la fidelizzazione e attrattività aziendale (11,4%). Tra i rischi la minore comunicazione tra il personale (63,4%), un impatto negativo sul senso di appartenenza (18,5%) e la riduzione dell’innovazione derivante dall’interazione (7%).

Il supporto tecnico e formativo ai dipendenti

Secondo il sondaggio, più di un’impresa su tre fornisce formazione tecnica ai proprio lavoratori (35,4%), il  30,4% fornisce formazione di soft skills. Il 62,2% ha messo a disposizione PC portatili per i propri dipendenti. Inoltre, più di un’impresa su cinque ha investito (o prevede di investire) per la riorganizzazione degli spazi e degli uffici. Una buona fetta del campione, circa un’azienda su tre, però, non ha previsto alcun tipo di formazione per il personale. Molto alta è pure la percentuale di imprese che non prevede nessun cambiamento organizzativo in relazione allo smart working.

Smart working, risultati ambivalenti in produttività

Secondo il sondaggio, il rapporto tra smart working e produttività è ambiguo a priori. L’efficienza a livello di lavoratore dipende dall’intensità dello smart working e quello dell’impresa dal coordinamento e, a lungo termine, l’impatto del lavoro agile sulla condivisione delle conoscenze è cruciale. Secondo i manager le performance aziendali sono state migliorate dallo smart working quando si sono messe in campo azioni specifiche. Come: la formazione a manager e lavoratori, le dotazioni ICT e altre forniture da ufficio, i meeting regolari online per la condivisione delle informazioni.

Lavoro agile, istruzioni per l’uso futuro

Secondo i promotori del sondaggio, i risultati mostrano come cambiamenti tecnologici e organizzativi potrebbero essere alla base del successo dello smart working in termini di produttività. In questi cambiamenti, il sistema produttivo va sostenuto, perché sfruttare al meglio il potenziale di nuove modalità di esecuzione del lavoro, incluso quello “a distanza”, è una delle partite da vincere per modernizzare il Paese. La pandemia, secondo il Centro studi Confindustria, ha mostrato che lo smart working si può fare e che può portare importanti benefici perché, sul presupposto di un rapporto di piena fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, mette il risultato al centro dell’attività lavorativa.