Aziende

Export vincente, le chiavi del successo

3 Juli 2020

Da azienda votata esclusivamente al mercato locale oggi Rossin esporta il 70% dei suoi prodotti in 30 paesi diversi. Ne abbiamo parlato con il titolare Klaus Pomella.

Quindicimila mobili prodotti all’anno, tra poltrone, chaise longue, divani, tavoli, pouf e panche, venduti in trenta paesi diversi per una quota di export pari al 70% cento. Questi i numeri di Rossin (insieme alla fabbrica austriaca Haapo), impresa con sede a Egna, fondata nel 1964 da Nerino Rossin a Ora e specializzata nello sviluppo e la produzione di mobili imbottiti.

L’azienda è una Pmi, ma i suoi prodotti hanno fatto il giro del mondo. Fu proprio su delle poltroncine firmate Rossin che si sedettero i capi di stato durante il G7 del 2015 allo Hotel Schloss Elmau in Alta Baviera. Sono i mobili dal design curato e minimalista del Bistro delle Terme di Merano, dell’Università di Bressanone, delle suites della nave da crociera Royal Caribbean. Poltrone, tavoli e divani che oggi arredano biblioteche, campus universitari, hotel, case private, uffici, sale d’attesa e anche sale VIP degli aeroporti in tutto il mondo.

Come fa una PMI a raggiungere i mercati internazionali? Quali sono i passi da compiere e quali i requisiti da avere? Lo abbiamo chiesto a Klaus Pomella, Amministratore Unico di Rossin dal 2004.

Klaus Pomella, direttore generale Rossin

Quali sono i requisiti per una pmi che vuole puntare su un export vincente?

Bisogna poter offrire un prodotto di qualità e nel nostro campo di design. La competizione è tanta e solo puntando sulla qualità si può sperare di emergere. Inoltre, bisogna avere nella propria squadra delle persone che parlano le lingue straniere capaci di interfacciarsi con clienti provenienti da altri paesi con un’altra cultura e mentalità.

 

Perché avete deciso di puntare prevalentemente sull’export?

Rossin è nata producendo divani letto, poltrone classiche e materassi per soddisfare le richieste del mercato locale altoatesino e trentino. Negli anni ’90 però è diventato chiaro che bisognava puntare sull’estero. La pressione sul mercato locale dei numerosissimi produttori dei territori limitrofi alla nostra regione come Veneto e Brianza era forte. La nostra regione è apparsa come un mercato appetibile perché le persone hanno un certo potere d’acquisto e il turismo investiva tanto. Non potevamo rivolgerci a clienti in Italia, la competizione era troppo forte, così, visto che conoscevamo la lingua e la cultura tedesca il passo è stato immediato: puntare verso Austria e Germania. Non volevamo sopravvivere e rimanere per forza limitati al mercato locale, volevamo espanderci. Una volta presa quella direzione non siamo più tornati indietro.

I capi di stato del G7 nel 2015 in Germania. credits: Reuters

 

Dove esportate i vostri prodotti oggi?

Lavoriamo in Austria, Germania, Svizzera, Francia, Paesi Scandinavi, UK, Usa e Medio Oriente, inclusi Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar, Bahrain e Kuwait.

 

Come vi muovete per iniziare a operare in paesi diversi?

Siamo un’impresa relativamente piccola, non possiamo quindi incaricare un’agenzia per fare un dettagliato studio di mercato. Nel nostro caso quindi siamo noi a muoverci ed esplorare i mercati prima di “tuffarci” dentro. Prima di decidere di puntare su un paese facciamo molti viaggi, in genere in paesi dove ovviamente c’è un certo potere d’acquisto, visitiamo gli studi di architettura sul posto, parliamo molto con le persone del settore, visitiamo le Fiere. In questo modo ci rendiamo conto di quali sono le richieste, quale è il gusto, quali possono essere per noi le opportunità. Prendiamo contatti e poi decidiamo quali potenziali clienti seguire e quali no.

In base a cosa decidete dove puntare?

In base alle opportunità e alla fattibilità. A parità di opportunità, si predilige un contatto più facilmente raggiungibile, in Austria o Germania piuttosto che in paesi molto più lontani. Questo ha molteplici vantaggi: i trasporti sono più facili da organizzare e meno onerosi, possiamo mandare, se richiesta, una campionatura più facilmente. Anche avere la stessa valuta aiuta perché i pagamenti sono più semplici. Per non parlare del vantaggio di avere lo stesso fuso orario per le comunicazioni.

 

Come descrivete il vostro prodotto? Per quali mercati non funziona e per quali sì?

Il nostro è un prodotto di alto livello, ma dal design in genere piuttosto minimalista. Sono mobili di alta qualità, sia in fatto di materiale che di confort, ma con i quali non si ostenta ricchezza. Abbiamo notato per esempio che in Russia si predilige un prodotto in qualche modo più pomposo oppure si opta direttamente per una grande marca. In Scandinavia invece siamo molto apprezzati. Lì c’è una cultura del bello e del design molto radicata, cosa che non si trova generalmente in Inghilterra e nemmeno negli Stati Uniti.

Eppure, avete successo negli Usa. Come fate?

Sì, perché il mercato statunitense comunque è enorme e noi lavoriamo con una nicchia che apprezza il prodotto europeo ed è pronta a spendere per averlo. Lì i nostri mobili, tra dazi, costi di magazzino e di distribuzione, margini del rivenditore e dell’agente di commercio sono molto più cari. Eppure, chi apprezza i nostri mobili è disposto a pagare questa cifra.

 

Come vanno le richieste dagli Stati Uniti in questo momento?

Ne stiamo ricevendo molte. Le persone sono pronte a investire per prodotti di buona qualità che rendono la casa più confortevole così come gli spazi esterni privati come giardini e terrazze dove potersi sedere comodamente. L’emergenza Coronavirus ha sicuramente influito.

 

Anche negli anni passati è stato così?

No, negli Usa abbiamo venduto molto nel 2003-2007, poi con la crisi finanziaria abbiamo perso tantissimo e ora stiamo piano piano recuperando. Ci ha premiato il fatto di essere riusciti allora a istaurare dei buoni contatti e relazioni con gli operatori del posto. Questo è fondamentale. Lavoriamo con aziende che si occupano di arredamento, mobilifici, ma anche con architetti e interior designer. Loro sono i veri “influencer” del nostro mondo. Se hanno avuto una buona prima esperienza con i nostri mobili si ricordano e al momento opportuno si fanno di nuovo vivi per lavorare insieme. Arrivare a loro è la difficoltà più grande e poi mantenere la relazione attraverso il “follow up” del cliente dopo il lavoro svolto assieme.

Cosa può offrire una piccola-media impresa rispetto a un colosso del settore?

La velocità nella risposta alle richieste, la flessibilità di una struttura snella, la rapidità nell’eseguire il lavoro sono alcuni dei vantaggi che un’impresa piccola può garantire. A queste si aggiungono il contatto umano più diretto, il trattamento personalizzato e la fiducia che si istaura tra fornitore e cliente. Sono tutti elementi che portano il cliente ad affezionarsi ad un’impresa con cui si è collaborato e che lo spingono a sceglierla di nuovo.